Hasta la Victoria! Accenni storici e culturali della Rivoluzione Cubana

Mi ritrovo a scrivere questo articolo proprio a una manciata di giorni dalla scomparsa del Generale Fidel Castro, personaggio emblematico della politica internazionale degli ultimi 60 anni, la cui morte ha scatenato la scrittura di non poche pagine sui giornali in tutto il mondo.

Lo scopo di questo articolo non è tanto quello di analizzare la storia in sé, ma di cercare di dare un’idea del contesto sociale e aiutarvi a capire situazioni altrimenti inspiegabili che vi troverete davanti nel vostro viaggio a Cuba.

Ma facciamo un piccolo passo indietro.

Da dove nasce la Rivoluzione?

Prima del 1959, Cuba era governata da un signore chiamato Fulgencio Batista che prese il potere con un colpo di stato nel 1952 a pochi mesi dalle elezioni politiche. Fino a quel momento l’isola poteva considerarsi all’avanguardia sotto diversi aspetti tra cui quello politico, economico e culturale.

Da dittatore Batista si alleò con i grandi proprietari terrieri ovvero coloro che erano i responsabili della generazione della ricchezza nel Paese,  a partire da questo momento grazie all’appoggio del governo cominciarono ad accumularla. Ciò ebbe come conseguenza l’impoverimento della popolazione e l’accrescimento del divario tra ricchi e poveri.

È in questo clima di tensioni sociali e in un panorama internazionale favorevole che fiorisce il seme della Rivoluzione Cubana al famoso grido di Hasta la Victoria!  Castro, con l’aiuto del generale Che Guevara e altri rivoluzionari di spicco, riescono il 1º Gennaio del 1959 a sbaragliare il regime di Batista e a prendere il potere.

Una delle conseguenze più evidenti della vittoria della Rivoluzione, fu il deterioramento dei rapporti con i vecchi partner economici del governo di Batista. I primi a vedersi implicati sono gli Stati Uniti che perdono i privilegi economici di cui avevano goduto fino al 1959, come ad esempio il controllo del petrolio, delle miniere, delle centrali elettriche, della telefonia ecc. Gli americani infatti prima del ’59 erano il primo partner commerciale dell’isola, compravano il 74% delle esportazioni e allo stesso tempo erano fornitori del 65% delle importazioni cubani.

Il progetto di nazionalizzazione delle terre castrista e qualche screzio diplomatico portarono a una reazione armata degli Stati Uniti che ebbe luogo nella Baia dei Porci e che terminó in un clamoroso fracasso. La battaglia ricordata ancora con toni nostalgici da molti cubani della regione, fu la goccia che fece traboccare il vaso delle tese relazioni tra i due Paesi. Ciò portò all’ignominioso embargo meglio conosciuto sull’isola come El Bloqueo.

Vi consiglio di visitare la Baia dei Porci se potete, qui trovate il nostro itinerario di 21 giorni che include una tappa in questo luogo famoso per ogni cubano.

La casa di José Fuster a Cuba Le conseguenze dell’embargo

Nonostante le Nazioni Unite tentino da anni di porvi fine, il rifiuto categorico degli Stati Uniti membro del consiglio di sicurezza dell’ONU, impedisce il normalizzarsi delle relazioni tra i due paesi. La recente vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane, rende poi incerta la strada dell’apertura che aveva cominciato ad intraprendere il suo predecessore Barack Obama.

L’obiettivo di questo blog non è certo quello di schierarsi da una o dall’altra parte, ma semplicemente quello di cercare di descrivere la realtà cubana. L’embargo sancisce infatti, tra le altre cose, il divieto del commercio tra gli Stati Uniti e l’isola in tutte le sue forme. Gli effetti del bloqueo sono tangibili e il lascito evidente, Cuba sembra sospesa nel tempo, la poca tecnologia che si vede in giro è gentilmente offerta dai sostenitori del regime come Cina (tutti gli autobus che prenderete sono cinesi) e Russia. Per dirlo con un eufemismo, Cuba non è esattamente il paradiso dello shopping. Per questo qualsiasi accessorio pensate possa servirvi nel vostro viaggio, dovrete comprarlo prima. 

Anche le infrastrutture risentono moltissimo degli anni di chiusura economica, i palazzi soprattutto nelle grandi città sono fatiscenti, perché i materiali di costruzione scarseggiano e effettuare opere di restaurazione privatamente non è legale.

Foto Havana Cuba

La sicurezza delle auto e degli edifici in generale è quantomeno sommaria e beni che a noi possono sembrare banali potrebbero in realtà avere un gran valore per un cubano e diventare merce di scambio. Un esempio possono essere le lamette per la barba (visto que quelle che si trovano non sono buone per tagliare nemmeno un foglio di carta), lo shampoo, la crema solare ecc.

La tecnologia è presso che inesistente, in quanto l’isola non produce quasi nulla e tutto deve essere importato dall’estero a costi elevatissimi. Anche una semplice lampada che da noi si può reperire a bassissimo costo, a Cuba ha un valore esorbitante, un abat-jour può infatti costare il corrispettivo di diversi mesi di stipendio di un operaio.

L’immobilità economica crea non pochi controsensi, anche se la popolazione cubana infatti è una tra le migliori istruite della regione, non è difficile incontrare tecnici informatici senza finanze necessarie per l’acquisto di un computer o medici che non possono esercitare la propria professione per la mancanza di medicine. 

La situazione ha obbligato gli abitanti locali a creare sotterfugi a danni dei turisti per garantirsi un ingresso economico più o meno decente. Nessun vi verrà a rubare nulla o vi farà mai del male, Cuba è molto più sicura di Barcellona per intenderci, ma per evitare truffatori sarebbe meglio arrivare preparati. In questo articolo trovate tutte le nostre pillole di sopravvienza 😉

La situazione attuale

Dopo il ritiro di Fidel Castro nel 2008 dalla scena politica, prende il potere suo fratello Raúl che nel corso degli ultimi anni ha lavorato con l’obiettivo di rilassare i dettami economici del regime e ridistribuendo la ricchezza verso le fasce più povere della popolazione. Nel 2010 Raúl dichiara legittima una lista di 178 professioni commerciali che sono ancora ad oggi le uniche praticabili in proprio dai Cubani. Tra queste si include la possibilità di guadagnare affittando stanze della propria casa ai turisti (casas particulares). Da un paio d’anni a questa parte è poi permesso alla popolazione di acquistare e vendere le proprie abitazioni.

Lo stato continua però a mantenere un forte controllo sulle industrie principali del paese quali il rum e il tabacco. Un contadino di tabacco ad esempio deve vendere allo stato, che ne fissa il prezzo, il 90% del raccolto. Il guajiro (contadino) rimane in possesso del 10% con cui produrrà dei sigari cosidetti campesinos che scambieranno per altri beni o venderanno ai turisti.

Prima di continuare, vi ricordiamo di non perdervi la guida completa di Cuba!

Scopri la guida di Cuba!

Simile è il controllo effettuato sull’allevamento per cui tutto il bestiame è debitamente iscritto ai registri statali impedendo così agli allevatori di poterne disporre a proprio piacere. L’allevatore può solo ed esclusivamente vendere le proprie bestie allo stato (che come nel caso del tabacco fissa il prezzo) che si incaricherà poi del macello e della vendita delle carni.

campagna cubana

La posizione dei cubani rispetto a questi primi passi verso l’apertura economica è duplice, da un lato vedono la possibilità di poter generare liberamente ricchezza come un obiettivo desiderabile, dall’altro temono di perdere alcuni privilegi considerati esclusivi della vita a Cuba, primo tra questi la sicurezza.

Cuba è infatti un paese molto tranquillo, in cui la delinquenza è ridotta ai minimi termini, più di una persona ci ha però confessato il timore che il crimine e la droga prenderanno piede sull’isola nel caso il governo decida di voler perseguire ulteriormente la strada dell’apertura. La correlazione tra apertura e traffici illeciti può non sembrare così immediata al lettore, se pensiamo però che l’informazione è da decenni appannaggio esclusivo del governo allora sarà tutto più chiaro: la revolución è salvezza mentre il resto è perdizione. Hanno lavorato tanto su questo assioma che provare a scardinarlo ora non sarà affatto semplice.

Una scuola a Cuba

Shopping e cubane

Come già accennato più volte e come forse avrete capito arrivati a questo punto, non pensate di venire a Cuba a fare shopping a meno che non siate accaniti fumatori di tabacco o bevitori di rum.

Vi lascio un breve aneddoto relativo allo shopping che ci fece sorridere e che in piccola scala descrive la penuria di beni materiali che caratterizza l’isola: le donne cubane adorano la moda, ma purtroppo a Cuba i vestiti sono cari e per trovare qualcosa di carino devi proprio saper scegliere.

Un giorno indossavo non so quale maglietta e la padrona di casa mi fece i complimenti per quanto fosse bella e mi domandò quanto mi fosse costata pensando si trattasse di un prezzo spropositato (simile a quelli cubani). Risposi senza pensarci troppo che, al contrario, si trattava di una maglietta molto economica di Zara. Mi guardó con una faccia molto perplessa, ovviamente non aveva la più pallida idea di cosa fosse Zara e la pronuncia molto simile in spagnolo delle lettere S e Z aveva creato il fraintendimento.. Quando me ne resi conto dovetti spiegare che Zara è una delle più grandi aziende di moda low cost a livello mondiale (per intenderci si vende pure in Mozambico e in Nepal) e che no, non ero andata a fare shopping nel deserto del Sahara come invece lei stava pensando.

Per concludere

Noi europei siamo molto ben abituati, con i nostri supermercati ben forniti, i nostri negozi di tecnologia, le nostre librerie e i nostri agi. Ricordate solo, durante il vostro viaggio che Cuba non ha avuto la stessa fortuna e che ancora oggi il Bloqueo è vissuto come un grandissimo oltraggio che scatena l’indignazione dei media e della popolazione. 

Estratto di un articolo su giornale Cubano tradotto per voi:

“Il ripugnante cinismo della politica del governo degli Stati Uniti contro Cuba, al concepire e portare avanti durante più di 5 decadi un criminale embargo economico, finanziario e commerciale, diventa ancora più evidente a seguito della pubblicazione del documento del 6 Aprile del 1960 firmato dal sottosegretario di stato Lester D. Mallroy: “la maggior parte dei cubani appoggiano Castro, non esiste un’opposizione politica efficace, l’unico mezzo per fargli perdere l’appoggio interno è provocare il disincanto attraverso la insoddisfazione e la penuria […]”

Più di un cubano sarà lieto di intrattenersi con voi per parlare di politica (anche se nessuno sarà mai apertamente critico nei confronti del regime), ascoltate con attenzione e comincerete a comprendere le sofferenze e le virtù di questo bellissimo popolo. 

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